L'articolo di Ilenia
Secondo me, l’Arte è una delle più importanti forme di
comunicazione e non solo “un’attivita’ creativa”: è un modo per esprimere,
rappresentare e, talvolta, denunciare la cruda realta’.
In classe, infatti, abbiamo trattato il tema
dell’immigrazione attraverso l’Arte; abbiamo visto una presentazione realizzata dalla professoressa di opere originali e
sorprendenti di quattro artisti contemporanei con le quali hanno voluto denunciare le conseguenze spesso
catastrofiche dell’immigrazione e sensibilizzare tutte le persone.
Corrado Levi, Massimo
Sansavini, Vik Muniz e Ai Weiwei sono i protagonisti della presentazione e in
questo articolo vi parlo di due che mi hanno molto colpita.
L’opera che più mi
è piaciuta e che ha suscitato in me maggiore stupore è “Odissey” dell’artista
cinese Ai Weiwei; si tratta di un enorme
disegno modulare riprodotto su un supporto plastico che riveste il pavimento
del padiglione industriale di Palermo sul quale i visitatori possono camminare
a piedi scalzi. Realizzato nel 2017, il progetto rappresenta in bianco e nero
tutte le più grandi migrazioni della storia. A parer mio, sarebbe davvero bello
poter camminare su quei disegni e lasciare la mia impronta sulla storia!
L’ attivista cinese, nato a Pechino nel 1957, come dice il
video visto in classe, fugge dalla Cina per problemi di contrasti politici e si
trasferisce a New York dove si avvicina all’Arte Concettuale e alla Pop Art.
Quando poi rientra in Cina nel 1993 pubblica quattro libri. In molte delle sue
opere Ai Weiwei denuncia la societa’ capitalistica come quando disegnò il logo
della Coca Cola su un antichissimo vaso della dinastia Han, o facendosi
fotografare mentre ne lasciava un altro cadere a terra in frantumi come lo è ormai la tradizione cinese.
Ho molto apprezzato anche il lavoro dell’artista
brasiliano Vik Muniz dal titolo
“Lampedusa”: una grande scultura galleggiante a forma di barchetta di carta,
che sembrava fatta con la pagina di un giornale annunciante la morte di
centinaia di migranti nel mare siciliano. L’opera, grande quanto un comune
vaporetto veneziano, galleggiava nell’Arsenale di Venezia durante
l’inaugurazione della Biennale di Venezia ed è stata realizzata con materiali
di scarto. Mi è piaciuta molto sia perché
e’ un omaggio a Lampedusa sia per il suo significato: i viaggi compiuti
da migliaia di profughi sono cosi’ pericolosi da sembrare svolti su della
fragile carta di giornale.
Guardandola ho provato angoscia e tristezza poiché testimonia
un evento terribile che sempre si ripete, ma nello stesso tempo mi ha stupito
ed affascinato. Persone che fuggono da
condizioni indescrivibili per poi trovarne di peggiori su quei barconi dove
incontrano la morte ma che l’Arte gli rende giustizia perché oltre ad affascinare,
insegna e denuncia.
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